Di essere un virtuoso di razza il quarantatreenne pianista spagnolo Josu de Solaun lo ha già dimostrato in una registrazione con le Davidsbündlertänze di Schumann e le raccolte Op. 117 e Op. 118 di Brahms (cfr. numero 339 di MUSICA), un virtuoso di capace di entrare in sintonia con la musica tra slanci appassionati e ripiegamenti nell’interiorità. Lo conferma con questo nuovo CD, dedicato a due concerti per pianoforte di grande impegno virtuosistico ed emotivo, in cui oltre a trovare una bella intesa con l’ottima Orquesta Sinfónica de Castilla y León, compagine compatta, precisa e reattiva, arriva a travolgere l’ascoltatore con un pianismo inquieto e di alta temperatura drammatica, sempre ben assecondato sul podio dalla bacchetta di Isabel Rubio. Bastano le prime battute del Terzo concerto di Rachmaninov per comprendere come Josu de Solaun vada molto oltre il fare bene tutte le note uscendo vittorioso dal confronto con l’intricata scrittura del compositore russo. Accanto all’impeto ritmico caratteristico di questo pianista avvertiamo una trasparenza timbrica fuori dal comune, sia da parte del solista che dell’orchestra, un’estrema variabilità del tactus (avviene lo stesso nel finale, dove i temi sono differenziati anche per lo stacco di tempo) e una notevole ricchezza di colori timbrici, ricchezza che nel secondo movimento sfocia in una morbida sensualità, accentuata dai vistosi rallentandi del solista.
Il pianista spagnolo si concentra sulla musica senza fare sfoggio del suo virtuosismo, che emerge a tratti in alcune improvvise accensioni, come nel finale del Terzo di Rachmaninov e nella poderosa cadenza del primo movimento del Secondo di Prokofiev, vere e proprie zampate sulla tastiera rivelatrici della sua appartenenza alla scuola russa (è stato allievo a New York di Nina Svetlanova). La scuola russa, però, è solo un punto di partenza per Josu de Solaun, il quale va ben oltre il cliché del pianista dalle dita di acciaio e dalle sonorità poderose, alla Denis Matsuev per intenderci, e mostra di avere una sua spiccata personalità, soprattutto in un Secondo concerto di Prokofiev da incorniciare: penso al carattere contenuto e intrigante del movimento di apertura, all’agilità del secondo movimento con la sua irrequietezza di toccata e all’impressionante tensione sonora e drammatica del finale, una vera e propria esplosione di virtuosismo, anche per quanto riguarda l’orchestra, passando per un terzo movimento cupo e grottesco come capita raramente di ascoltare.